Nel 2021, in ambito al progetto editoriale promosso dalle istituzioni della comunità italiana piranese per avvicinare il patrimonio culturale della città ai giovani, è stato pubblicato il libro bilingue “La compagnia del faro”. Il primo romanzo di Katja Dellore, insegnante alla scuola elementare “Vincenzo e Diego de Castro” di Pirano, per pura casualità si è rilevato un’opera che ha riunito tre generazioni di autori della famiglia Dellore. Della traduzione della storia in sloveno e della veste grafica si è occupata la cugina Mia, mentre sua madre, Nada, ha creato le illustrazioni. Proprio queste sono state messe in mostra in Casa Tartini all’inizio di novembre e l’esposizione è tuttora visitabile.
“La compagnia del faro” non è affatto il primo libro in cui le illustrazioni di Nada Dellore hanno lasciato la loro impronta, perché le sue capacità creative sono state riversate in illustrazioni destinate a diversi libri di testo e quaderni attivi per l’insegnamento della lingua slovena nelle scuole elementari italiane, e come illustratrice e al contempo coautrice ha anche contribuito alla stesura di materiali didattici per l’insegnamento della lingua italiana nelle scuole elementari slovene.
Ma Nada creò le sue primissime illustrazioni già quando frequentava il ginnasio di Capodistria, e queste furono pure usate in un libricino in cui veniva spiegato come potare il ribes nero. Ricorda molto bene i suoi esordi.
“Custodisco ancora questo libricino. Disegnai un piccolo cespuglio di ribes nero, feci vedere come potarlo, dove eseguire i tagli. Non era indicato l’autore dell’illustrazione, ma venne allegata una nota di ringraziamento per la studentessa Nada”, ha spiegato.
All’epoca sognava di diventare architetta, ma i problemi agli occhi la costrinsero a cambiare i suoi piani. Alla fine, decise di dedicarsi alle lingue e dopo aver concluso gli studi, insegnò italiano alla scuola elementare “Dušan Bordon” di Capodistria. Lì lavorò a lungo con Lucija Čok, allora consulente per la lingua italiana all’Istituto nazionale per l’educazione, che voleva introdurre nel sistema scolastico libri di testo più avanzati con il desiderio di migliorare le competenze linguistiche di coloro che studiavano l’italiano, che nei comuni costieri erano sempre state basse. Nada era la persona giusta con cui avviare questo progetto, dato che nelle sue lezioni già ricorreva a metodi didattici che non erano ancora presenti nei curriculum di allora.
“Innanzitutto disegnavo tutte le cose sulla lavagna, quindi l’immagine veniva prima della parola. Insegnavo anche con l’ausilio di canzoni, ad esempio quelle dello Zecchino d’oro. Per il brano “Orazio, il cane dello spazio” ricordo che ho portato la cassetta e abbiamo disegnato un razzo e un cagnolino… Abbiamo ascoltato e cantato. Ho insegnato la lingua attraverso il disegno e la musica”, ricorda l’ex insegnante di italiano.
Come ha spiegato, all’università non avevano mai sentito parlare di questi approcci didattici, che sono stati introdotti soltanto più tardi, quando i tre metodi di apprendimento – attraverso la motricità, la musica e il disegno – erano stati sviluppati.
“Possiamo ringraziare la dottoressa Lucija Čok per averci dato libri di testo molto all’avanguardia per quei tempi”, ha aggiunto la Dellore.
Un’altra particolarità del loro libro di testo “Imparo l’italiano giocando” era che tutte le lezioni in esso contenute erano state testate in classe con gli alunni. E anche se il suo contributo era in primo luogo come linguista, preparò pure la copertina e vari schizzi, che vennero poi ridisegnati da Marjanca Jemec – Božič, non essendo lei stessa qualificata per farlo. Tuttavia, nella stesura del prossimo libro di testo, “Parlo e gioco, gioco e parlo”, poté collaborare come illustratrice, poiché nel frattempo conseguì un altro titolo, quello di pittrice accademica.
Perché bisogna sempre rincorrere i propri sogni. E a capirlo è stata anche Nada. Anzi, dice che è stata la pittura a rincorrere lei, infatti, disegnava sin da bambina.
“La mia famiglia temeva che mi sarei inacidita, così mi hanno consigliato di lasciare il mio lavoro e andare all’università. E li ho ascoltati”, ha detto.
Proprio così, dopo 13 anni di insegnamento decise che era il momento di realizzare il suo sogno. I colleghi della scuola dove lavorava rimasero un po’ straniti quando annunciò la propria decisione, ma dovettero anche ammettere che era molto coraggiosa. Con l’appoggio dei suoi genitori e di suo marito, che non voleva una moglie abbattuta, a 30 anni superò gli esami di ammissione all’Accademia di Belle Arti di Venezia e tornò tra i banchi di scuola.
“È stato bellissimo essere nuovamente studentessa, anche se lavoravo molto anche a a casa. Eravamo proprio un bel gruppetto. Oltre a me c’erano anche Fulvia Zudič e Ljubo Radovac, che era il più grande e con cui spesso viaggiavamo insieme in treno e studiavamo per gli esami. Ci aiutavamo molto”, racconta Nada dei suoi anni universitari a Venezia, dove frequentava i corsi del compianto pittore Carmelo Zotti.
Dopodiché, è tornata ad insegnare, solo che questa volta ha cercato di avvicinare il mondo dell’arte agli alunni delle classi dalla sesta all’ottava, poi nona, della scuola elementare “Vincenzo e Diego de Castro”. Probabilmente a tutti noi piaceva Arte figurativa, perché è una materia per la quale non c’è bisogno di studiare. Ma secondo Nada, erano proprio coloro che non andavano troppo bene a scuola quelli che con più piacere partecipavano alle sue lezioni.
“Durante Arte gli alunni dovrebbero imparare ad apprezzare le opere artistiche, l’insegnante dovrebbe incoraggiarli a conoscere il patrimonio culturale e artistico, insegnare loro ad apprezzarne il valore, incoraggiarli a visitare mostre e istruirli, almeno un po’, su come va guardato un quadro, una scultura, un oggetto architettonico. E nel creare i propri lavori dovrebbe loro insegnare come dare libero sfogo alla propria intuizione, ispirazione e immaginazione, e come usare la propria creatività in contemporanea alle conoscenze acquisite nel campo figurativo. E naturalmente… l’arte dovrebbe loro infondere un senso di serenità. Se non ce la fanno, non devono rinunciare, ma riprovare. Siamo lì per guidarli, per incoraggiarli, per far loro sentire che c’è qualcosa di meraviglioso nel mettere i colori sulla carta o sulla tela con un pennello”, ha esposto l’ex insegnante d’arte.
Già durante la sua carriera d’insegnante, aveva iniziato a guidare laboratori per bambini, inizialmente al teatro di Capodistria, ai quali partecipavano i bambini piccoli assieme ai loro genitori. Come ha rivelato Nada, lavorare con i bimbi era un piacere particolare.
“I bambini sono creativi di natura. Dalla sesta classe in poi si bloccano perché vogliono disegnare in modo realistico, e se non lo fanno secondo le loro aspettative e non vengono incoraggiati, rinunciano rapidamente, dicendo che non lo sanno o non lo possono fare. I bambini, invece, sono rilassati, ciò fa parte della loro vita. Forse riescono ad esprimersi più facilmente con un disegno che a parole”, ha raccontato Nada sulla relazione dei bambini con l’arte figurativa.
Dopo il suo collocamento a riposo, si è dedicata all’acquarello, tecnica che ha utilizzato per la prima volta nelle illustrazioni del libro “La compagnia del faro”, cui originali sono esposti in Casa Tartini. Naturalmente, ha fatto uno sforzo speciale per sua nipote Katja, l’autrice della storia, che descrive come un’insegnante con una grande anima e un grande cuore.
“Il mio obiettivo era quello di fare un bel libro per Katja. Le illustrazioni sono proprio come le aveva immaginate. Realistiche e appropriate per l’età dei bambini a cui è rivolta la storia. I bimbi sono essenzialmente realisti, per loro non si possono disegnare cose astratte, anche se io stessa le adoro”, ci ha infine confidato zia Nada.
Traduzione: Kris Dassena
Foto: Nataša Fajon