Cartolina salinaia dal sapore d’altri tempi, il tuffo nelle passate esperienze andato in scena sabato, al Parco naturale di Sicciole, ha animato i luoghi ad esaltare “salineri”, ambiente, mansioni e processi di lavorazione del prezioso oro bianco.
La parte viva di Lera, fulcro d’attrattiva dell’atavica figura pregna di storia, ha recuperato secolari tradizioni nel ventaglio culturale produttivo al centro della “Festa dei salinai in occasione di San Bortolo”.
Promosso dall’Auditorio, in collaborazione con istituzioni turistiche e associazioni locali, l’evento ha fatto rifiorire memorie della chiusura di stagione e fine raccolta del cristallo. Pedalate, escursioni ed ecologici workshop incentrati su passato e presente, tra bancarelle e varie attività educative immerse nell’habitat da promuovere a Sezza, i partner come il Museo del Mare “Mašera” ha dato fondo a lezioni sul mutare della “figura” nel ‘900, mentre l’azienda “Soline” ha adottato l’approccio diretto per testare l’uso di arnesi nelle vasche, dove si è cimentato pure il vicesindaco in quota CNI, Christian Poletti, prodigo di vigorose rastrellate e impegno.
Mattatori della festa, la Comunità degli Italiani “Giuseppe Tartini” ha affiancato la sua presidente Fulvia Zudič nei rinverditi folcloristici rivissuti grazie al gruppo etnografico “Famea dei salineri”, Voga Veneta Piran e altri sodali, agghindati in abiti da lavoro tra focolari e cavedini.
Attraverso l’appuntamento con la “Cucina delle saline”, la CI ha preparato la “marenda dei salineri” andata a ruba. Quarto evento del progetto dedicato a vecchie ricette, offerti prodotti dell’orto, polenta e guazzetto, acciughe e sardoni in savor o pane e cipolla. I pasti poveri hanno ricordato come “chi in cialdina (gamella a comparto unico), chi in canovasa (straccio da cucina)”, lo spuntino pronto dei salinai veniva portato da casa o affidato alla consegna dei bambini.
Con il sostegno della CAN Comunale, presentate al pubblico con dovizia di lessico piranese pure le attività dei gruppi CI, vita e lavoro nei “fondi”, tra cavedini e grumi. Dopo un’estate di fatica trascorsa negli (un tempo) oltre 400 casali di Sicciole, San Bortolo segnava il ritorno alla terraferma nella duplice funzione di braccia salinaio-agricole.
Stagionale che apriva a San Giorgio in primavera, il 23 agosto ha chiuso nel ricostruito “trasloco familiare” di masserizie e prole che, per praticità, avveniva lungo i canali. Museo della Salinicoltura Fontanigge pregno di ricordi della nobile arte, la “Famea” nuclei al completo, ha simulato a ritroso il viaggio lungo il navigabile “Grande” del torrente Valderniga con al seguito, la Voga Veneta. A coronare questo rito migratorio di rientro, secolari memorie di nonni, attrezzi d’ancestrale uso e foggia, materassi e suppellettili a bordo. Il suggestivo contorno ha portato in offerta pure i crostoli istriani e benauguranti “sacchetti di sale” confezionati dalle attiviste “GT”.
Le tante oasi create a tappe, hanno risuonato a chiudere con canti e balli intonati del coro di Portorose e dell’Associazione folcloristica “Val”. Fitto di manifestazione per la “Festa dei salinai”, ricchi stand hanno esposto prodotti al sale, ninnoli, pubblicazioni e degustazioni, tra taperini in legno e cappelli di paglia inneggianti alla Pirano fondata sul sale. Il purissimo che ha plasmato economia, territorio e genti in millenario prodotto estratto con medievali tecniche manuali, ha esaltato nell’incontro-condivisione tutto il lascito di ricordi che celebra cristallo e uomini.
Tra la folla, i pochi doc custodi del mestiere di sudore, hanno contribuito a divulgare un preservato di tradizione nel recuperato dalla “Famea”. Originale di vita tra passato e presente, le saline Piranesi costituivano e ritraggono ancora una preziosa fonte d’oro bianco dell’Alto Adriatico, orgoglio e fierezza, nei rimandi allo stretto legame con Venezia e la Repubblica marinara della Serenissima.
Foto e testo: Elena Bubola