La carta è onnipresente, paziente e silenziosa. Per secoli ha accompagnato l’uomo nei momenti storici più complessi, aiutandolo in quello che chiamiamo evoluzione e democratizzazione, sopportandone i pensieri e divulgandone le scoperte. Spesso ha mutato forma, a volte assaggiando il fuoco per essere distrutta dal proprio creatore, altre volte venerata in forma di banconote, spesso però data per scontata.
Metka Pepelnak ha fatto della carta e dei suoi numerosi mutamenti un percorso artistico che costituisce quasi una filosofia di vita. Reinventando questo materiale attraverso processi di recupero e riciclaggio, anticipando i tempi in cui tale attività è diventata una tendenza in diversi campi della vita, è riuscita a creare un linguaggio unico e affascinante.
Laureata in pittura presso la Facoltà di Scienze pedagogiche di Lubiana con i docenti Zdenko Huzjan e Črtomir Frelih, lavora come artista autonoma nel settore del design, della pittura e della grafica dove il fil rouge delle sue opere è proprio il materiale e le forme che questo può assumere. L’universo cartaceo che si è creata attorno ha subito uno sviluppo organico che continua nel tempo e che non è ancora stato esaurito.
Il risultato delle sue ricerche è un universo pieno di quiete, un intreccio di grazia e semplicità che spesso crea associazioni con la poetica del mondo orientale. Una scala cromatica misurata e forme che attingono dall’organicità della natura, creano una sensazione di unione tra tradizionale e moderno, una specie di equilibrio tra uomo e natura. In bilico tra queste energie troviamo proprio la carta, che per l’artista non è solo un supporto, ma diventa il media e anche l’elemento iconografico. Il suo processo artistico comincia infatti in modo peculiare, con la creazione della carta. Ciò richiede la ricerca e la selezione del materiale primo, che viene rigorosamente riciclato. L’artista, infatti, scioglie e lavora materiali di scarto, che vengono ricondensati nel formato e nella consistenza adatti, a volte come foglio, altre come polpa utilizzata in maniera quasi scultorea. L’associazione spontanea ai temi ecologici però risulta quasi riduttiva, infatti oltre a questa chiave di lettura spiccatamente ambientalista dobbiamo assolutamente pensare alla ciclicità del mondo naturale, che negli occhi degli esseri umani è stata prima magia, poi alchimia ed in fine scienza. Ricordiamo simboli ancestrali come l’Uroboro, il serpente che si morde la coda per rappresentare la ciclicità del tempo, delle stagioni e delle fasi di vita, ma anche la riflessione sulla materia dei filosofi naturalisti che la interpretavano come un miscuglio di elementi o sostanze che si aggregano e disgregano per creare il mondo attorno a noi. Arriviamo dunque alla legge di conservazione di massa postulata da Lavoisier con il noto “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Approcci diversi che parlano in fondo della stessa inclinazione atavica di meraviglia di fronte alla natura e alle sue trasformazioni. Lo stesso approccio della Pepelnak, che ha interiorizzato queste metamorfosi in un’alchimia cartacea intima e suggestiva.
La coerenza nel processo artistico e l’essenzialità delle sue opere ha portato l’artista ad esporre numerose volte all’estero e in Slovenia, aggiudicandosi meritatissimi riconoscimenti, tra cui il Premio speciale Tartini 300 alla 57esima edizione dell’Ex-Tempore Internazionale di pittura di Pirano, che è diventata lo spunto per la mostra Alchimie di carta.
Testo: Lea Škerlič
Foto: Nataša Fajon